Assai più drammatica è la condizione dei Neet endogeni, giovani che non riescono a uscire dalla trappola dell’esclusione e non si integrano a prescindere dalle dinamiche del mercato del lavoro. Neanche una crescita del Pil al 3 per cento li salva. Non si sentono sincroni ai ritmi della modernità, sono demotivati sul futuro e non vogliono emanciparsi dalla famiglia.
Dario Di Vico, Corinna De Cesare, «Il record italiano dei ragazzi «neet»: uno su cinque non studia e non lavora», Corriere della Sera, 17 luglio 2017
La risposta in un Pixel
«Più che in altri paesi i Millennials italiani si sono trovati di fronte al paradosso di essere di meno ma anche con meno aiuti e incentivi che li spingessero a giocare un ruolo attivo e partecipativo: un «degiovanimento» quindi non solo demografico, ma con il rischio di una perdita generalizzata di peso in ambito politico, sociale ed economico.
La grande crisi economica scoppiata verso la fine della prima decade del XXI secolo in Italia ha inoltre colpito maggiormente i giovani, frenando la realizzazione dei loro progetti di vita. Ha anche accentuato la necessità per i giovani di contare sull’aiuto da parte della famiglia di origine, pur essendo aumentata la loro propensione a essere indipendenti. Come mostrano i dati del Rapporto giovani – raccolti attraverso un’indagine promossa dall’Istituto Toniolo, che dal 2012 segue i percorsi di vita dei Millennials italiani (i risultati continuamente aggiornati si trovano sul sito www.rapportogiovani.it) – i membri di questa generazione nonostante le difficoltà non mostrano, generalmente, un atteggiamento passivo o rassegnato. Mettono semmai in campo strategie adattive per fronteggiare la crisi in attesa di tempi migliori. La grande maggioranza dichiara di considerare il lavoro soprattutto come mezzo per autorealizzarsi. Nonostante tutto, l’autonomia è comunque ricercata e considerata un valore soprattutto per mettersi alla prova con se stessi.
Questi risultati sono coerenti con i dati Istat che mostrano come si sia stabilizzato il processo di continua posticipazione dell’uscita dalla casa dei genitori. La percentuale di donne in età 25-29 che vivono ancora con i genitori – la fascia in cui la grande maggioranza delle persone già vive fuori dalla casa dei genitori nel resto d’Europa – è salita in Italia dal 20 per cento del 1981 al 49,4 per cento del 2006 ma, per la prima volta dopo decenni di crescita sostenuta, negli anni più recenti il dato si è stabilizzato (attorno al 50 per cento). Sul lato maschile il valore del 1981 era pari al 40 per cento, è arrivato al 68,5 per cento nel 2006, ma è poi sceso sotto il 65% nel 2011, trovando con la crisi economica difficoltà di ulteriore riduzione.
Altro dato interessante è la risposta alla domanda sul perché si viva ancora con i genitori. Secondo le indagini Multiscopo Istat, nel corso dei primi dieci anni del nuovo secolo la frequenza di chi risponde «sto bene così, conservo la mia libertà» è per la prima volta scesa (e questo prima delle crisi) sotto quella di chi indica come motivo le difficoltà economiche e la mancanza di un reddito sufficiente.
[…] è con i Millennials che in Italia prende avvio di fatto la «partnership revolution» con conseguente desincronizzazione tra uscita dalla famiglia di origine e matrimonio. Per la prima volta, anche sul versante femminile, il matrimonio non è più il motivo prevalente di abbandono della casa dei genitori.
È inoltre interessante notare come la maggior diffusione delle convivenze al Centro-Nord, come forma flessibile di entrata nella vita di coppia, e il relativo maggior inasprirsi delle difficoltà dei giovani al Sud, soprattutto in termini occupazionali e di reddito, abbia portato negli ultimi anni allo storico superamento del meridione rispetto al settentrione relativamente ai tempi di permanenza nella casa dei genitori.
In conclusione, l’elevato tasso di cambiamento e il grado di complessità che caratterizza le società avanzate proiettano i giovani in un contesto di incertezza, riguardo a rischi e implicazioni delle proprie azioni, mai sperimentato dalle generazioni precedenti. L’incertezza costituisce un vincolo importante all’interno dei processi decisionali: se da un lato i giovani del nuovo millennio hanno sempre di più il desiderio e l’opportunità di costruire in modo creativo e strategico il loro percorso di vita, d’altro lato però complessità e persistente instabilità tendono a renderli particolarmente prudenti nel prendere decisioni definitive e vincolanti. Con il rischio, nei contesti meno in grado di sostenere un ruolo attivo dei giovani, di costringere le nuove generazioni a rivedere nel loro corso di vita progressivamente al ribasso ambizioni e aspettative.»
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