Due incognite pesano sulla sfida referendaria che deciderà il futuro volto politico ed istituzionale del Paese. “Sette milioni di italiani sono ancora incerti sulla scelta di voto; oltre 5 milioni affermano di non aver ancora deciso se votare o astenersi. Se il ruolo degli indecisi resta fondamentale, a risultare determinante - spiega ancora Vento - sarà soprattutto la motivazione dei cittadini a recarsi alle urne: una variabile in grado di modificare di diversi punti percentuali, a favore dell’uno o dell’altro fronte, il risultato elettorale del 4 dicembre”.
«Referendum, ultimi sondaggi: No ancora avanti. Ma è record di indecisi: 12 milioni», L’Espresso, 17 novembre 2016
La risposta in un Pixel
«[…] è sbagliato mettere tutti coloro che si astengono nello stesso sacco e parlare di «partito degli astenuti», che non sarebbero soltanto, come sostiene la pubblicistica, «senza volto», ma, più correttamente, anche senza programma comune e senza motivazioni condivise. No, gli astenuti non sono mai un partito. Numerose ricerche segnalano, infatti, che le motivazioni degli astenuti sono le più diverse, in un certo senso classificabili in tre categorie:
· coloro che non possono votare o non riescono a farlo;
· coloro che non vogliono votare;
· coloro che non vengono raggiunti e motivati ad andare a votare.
Fra i primi si collocano tutti quelli che per impedimenti di lavoro, impegni di studio, problemi di salute non sono riusciti a recarsi alle urne, ma anche coloro che, a causa dell’accresciuta diseguaglianza socio-economica, si sentono emarginati. Fra i secondi troviamo gli astenuti di «opinione», quelli che desiderano manifestare il loro disinteresse per la politica, la loro indifferenza rispetto alla posta in gioco, la loro protesta contro i partiti e i candidati. Agiscono consapevolmente, ma sicuramente sopravvalutando l’impatto del loro non-voto. Chi non vota non conta, mai. Di recente, gli studiosi hanno scoperto che fra questi astensionisti si situano quei cittadini che ritengono inutile votare perché qualunque governo avrà pochissima discrezionalità operativa. La terza categoria, in probabile crescita, è composta da coloro che non hanno (più) relazioni sociali, vivono soli e isolati, non vengono raggiunti (il femminile sarebbe più appropriato poiché le donne, anziane, vedove, abbandonate, sono in nettissima maggioranza in questa categoria) dalla campagna elettorale e dai messaggi di partiti e candidati, non hanno né modo né possibilità di discutere di politica. Sono (diventati) forse alienati, sicuramente apatici. Nelle società moderne l’isolamento sociale è gradualmente diventato più frequente e più diffuso; sta dando un apporto non marginale all’aumento complessivo dell’astensionismo. Chi va a giocare a bowling da solo (faccio riferimento all’intrigante titolo di un’ottima ricerca di Robert Putnam sul declino del «capitale sociale» negli USA, della propensione e disponibilità a «fare le cose insieme», in squadra) sa che troverà comunque dei compagni. Da solo, però, raramente riceverà incentivi per andare a votare.»
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