Domande di oggi

07/11/2016

Chi sono gli unicorni?


Si chiama «The Unicorn List» — La lista degli unicorni — la classifica di «Fortune» delle 174 compagnie private che nel 2016 valgono un miliardo di dollari o più. Il nome risale a quando immaginare che una startup tecnologica potesse arrivare a cifre simili era quanto di più simile a una favola mitologica. Oggi le prime dieci aziende della classifica lavorano nell’ambito dello sharing, dell’informatica, dell’aerospaziale e dei social network.

 

Federica Scutari, «Gli «Unicorni» tech di Fortune: la lista delle 174 startup da più di un miliardo», Corriere della Sera, 4 novembre 2016.

 

 

La risposta in un Pixel

 

«Le start-up che vogliono crescere in fretta e che hanno idee di business attrattive seguono solitamente […] un percorso di finanziamento a più fasi, con operatori finanziari specializzati in ciascuna fase: tra cui i cosiddetti business angel e – nella fase precedente l’IPO (o l’acquisizione da parte di un acquirente strategico) – i fondi di venture capital (autonomi o facenti capo a grandi imprese), talora affiancati da fondi sovrani (quale quello dell’Arabia Saudita che nel 2016 ha investito 3,5 milioni di dollari in Uber) e/o da investitori privati dotati di grandi patrimoni.

Il fatto nuovo degli ultimi anni è la disponibilità dei fondi e degli investitori privati a far crescere molto le start-up, con round successivi di finanziamenti a valori solitamente crescenti, prima dell’IPO. Facebook, pioniera nello sfruttamento di questa disponibilità, raggiunse una capitalizzazione implicita in occasione dell’ultimo round di finanziamenti pari a 50 miliardi di dollari: cifra che a mio avviso contribuì, anche psicologicamente, a raddoppiare tale valore in sede di IPO. E Alibaba, che come visto raccolse la cifra più alta della storia in occasione del suo IPO, aveva seguito la stessa strada tracciata da Facebook. Sono attualmente dieci, nella rilevazione effettuata da WSJ e Dow Jones VentureSource (The Billion Dollar Startup Club), le imprese con una valutazione implicita pari ad almeno 15 miliardi di dollari – con Uber, Xiaomi, Didi Chuxing e Airbnb nelle prime quattro posizioni – e 155 complessivamente i cosiddetti unicorni, le imprese cioè che «valgono» almeno un miliardo.

Due a mio avviso le principali ragioni di questo fenomeno: la digitalizzazione da un lato, con le sue grandissime potenzialità di innovazione in tutti i comparti dell’economia e nello stesso nostro modo di vivere; l’enorme disponibilità di capitali alla disperata ricerca di rendimenti, dall’altro, in una fase storica in cui si è giunti ai tassi di interesse negativi. Il dubbio è se la Borsa sarà disponibile o meno, in sede di quotazione, a confermare i valori, anche perché i «fatti nuovi» – quelli che intercorrono fra l’ultimo round di finanziamenti privati e l’IPO – possono modificare sensibilmente le percezioni sulle prospettive future: come accaduto ad esempio a due società famose viceversa già quotate, come LinkedIn (acquisita poi da Microsoft) e Twitter, che hanno perso in un solo anno il 57 e il 68 per cento – rispettivamente – del loro valore.»

 

Per saperne di più: Pixel Strategia

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