Tra gli addetti alla ristorazione, un settore strettamente legato alla tradizione e all’identità nazionale, il numero di immigrati si appresta a superare quello degli italiani. La grande massa è composta da lavoratori non qualificati, ma sempre più spesso capita di trovare tra i locali consigliati dalle guide trattorie tipiche gestite da cuochi asiatici o africani. Così, mentre tanti giovani cercano fortuna all'estero, qui da noi si moltiplicano i casi in cui a fare la migliore carbonara o la focaccia genovese più prelibata sono chef e fornai arrivati da lontano.
A. Ananasso, P. Iadeluca, P. Reparato, M. Salvo, «Sempre più straniera la cucina italiana», inchieste.repubblica.it, 6 ottobre 2015.
La risposta in un pixel
«In via Pré a Genova, strada retroportuale celebre un tempo per il commercio di contrabbando dei marinai e nota oggi sulle pagine dei giornali più come quartier generale dello spaccio di stupefacenti e di merce contraffatta nella città, c’è un piccolo locale la cui insegna recita “Ristorante Zena Dakar”. Molti lettori non riconosceranno, probabilmente, nel primo toponimo la versione dialettale del nome del capoluogo ligure. Eppure Zena significa proprio quello: Genova. E l’insegna del ristorante in questione è un ottimo prototipo di un intento glocal. Scegliamo che cosa mangiare ordinando direttamente al banco, fra i grandi recipienti esposti in vetrina. C’è anche un menu italiano, a base essenzialmente di pastasciutta, affisso all’ingresso del locale, nulla di già preparato all’interno della teca. Veniamo serviti rapidamente e con generosità; al termine della cena ci viene offerto anche un grande piatto di frutta già lavata, sbucciata e tagliata. Il rapporto qualità/prezzo è ottimo, così come l’accoglienza ricevuta: l’esperienza, tuttavia, è inusuale.
È comune, invece, certamente anche ai lettori, l’esperienza del ristorante definito etnico: il ristorante “messicano” dove andare a festeggiare un compleanno, il sushi-bar dove ritrovarsi al sabato sera o il locale “indiano” che dopo cena propone anche musica e pista da ballo, ognuno dei quali, in termini di rapporto fra il prezzo e la qualità dell’esperienza gastronomica, ma spesso anche di cortesia e comfort, inevitabilmente meno favorevole. Che cosa induce, quindi, moltissime persone a un comportamento che le leggi della microeconomia definirebbero poco razionale? Che differenza c’è fra questi casi?»
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