Domande di oggi

18/10/2016

Quali sono le ragioni principali degli scioperi?


Il sindacato USB – a cui si sono associati anche l’USI e il sindacato della scuola Unicobas – ha indetto per venerdì 21 ottobre una giornata di sciopero generale nazionale. Lo sciopero durerà tutto il giorno e riguarderà tutti i lavoratori, sia del settore privato – tra cui gli addetti ai trasporti ferroviari, aerei e marittimi – sia di quello pubblico, come i dipendenti di scuola, sanità e pubblica amministrazione.

 

«Lo sciopero generale di venerdì 21 ottobre: le cose da sapere», Il Post, 17 ottobre 2016.

 

 

La risposta in un Pixel

 

«Le determinanti. Perché si sciopera? Perché in alcuni periodi si sciopera di più e in altri di meno? Quali ragioni portano un gruppo più o meno numeroso di lavoratori a organizzare o a partecipare a una protesta che comporterà una riduzione della loro retribuzione?

Da chi ha studiato questa modalità di conflitto sono venute spiegazioni alternative e di carattere diverso. Da un lato c’è chi, trattando gli scioperi in modo aggregato nello spazio e nel tempo, ha cercato di spiegare l’andamento quantitativo di questi insiemi con l’azione di variabili di carattere «macro». Dall’altro lato c’è invece chi, ricostruendo le cause e gli accadimenti di singoli conflitti aziendali sfociati in scioperi, ha cercato di spiegare questi eventi con l’azione di variabili di carattere «micro».

Le determinanti «macro» vengono raggruppate solitamente in tre tipi generali:

· quelle economiche;

· quelle politiche;

· quelle organizzative.

Vediamole singolarmente.

Gli studi che adottano le determinanti economiche ipotizzano che l’andamento degli scioperi sia correlato con i più generali cicli economici. Nello specifico, viene supposta una correlazione tra l’andamento dei salari e l’andamento degli scioperi e, in senso più generale, una correlazione con l’andamento del mercato del lavoro in termini di posti di lavoro disponibili, quindi con il tasso di disoccupazione. La correlazione che viene ipotizzata è di un andamento:

· positivo con il livello delle retribuzioni: salari crescenti aumentano la richiesta di aumenti perseguiti attraverso gli scioperi;

· negativo con i tassi di disoccupazione: in presenza di una scarsità di posti di lavoro gli scioperi si riducono per evitare di mettere a rischio appunto ciò che è scarso.

Si tratta di nessi molto difficili da definire in termini netti. Può emergere una correlazione positiva anche tra disoccupazione e scioperi quando questa forma di conflitto si rivela l’ultima ratio per proteggere il proprio posto di lavoro, come è per esempio avvenuto a metà del 2015 per i lavoratori della Whirpool. Insomma, mentre sono correlazioni abbastanza ovvie a livello aziendale e settoriale, risultano invece più complicate da confermare a un livello di economia nazionale o sovranazionale.

Le determinanti politiche, invece, fanno in generale dipendere l’andamento degli scioperi a) dal quadro politico (la composizione dei governi) e, in particolare, b) dagli specifici contenuti delle iniziative messe in essere dai governi stessi, relativamente da un lato alla politica fiscale, dall’altro all’ammontare e al carattere della spesa pubblica. È chiaro che questi due ultimi aspetti si possono poi presentare fortemente correlati tra loro. La relazione con la composizione dei governi dovrebbe presentare una correlazione inversa a seconda del grado di «vicinanza» ideologica tra governo e lavoratori. Sembra abbastanza ovvio: governi vicini alle richieste dei lavoratori dovrebbero infatti portare avanti con maggiore probabilità provvedimenti che rispondano alle loro esigenze. Più in particolare, come hanno evidenziato Walter Korpi e Michael Shalev in diversi studi nel corso degli anni Ottanta, la vicinanza permette di avere un accesso diretto e informale ai centri di decisione, tanto da poter evitare forme conflittuali dispendiose per i lavoratori. In questo caso, quindi, una riduzione degli scioperi è un segnale di forza e non di debolezza dei sindacati, in grado di raggiungere i propri obiettivi senza fare ricorso alla mobilitazione conflittuale. [...]

Le determinanti organizzative, infine, fanno dipendere l’andamento degli scioperi dal quadro delle relazioni sindacali. Nello specifico:

· dagli assetti contrattuali, vale a dire dal sistema di regole della contrattazione (§ 4.1): quali e quanti livelli, quali oggetti contrattuali spettano a ognuno di essi, quali soggetti vi possono operare;

· dai livelli della rappresentanza (§ 3.1), la cui entità influisce su quale forza si è in grado di mobilitare;

· dai tassi di sindacalizzazione (§ 2.1.3), la cui entità influisce invece su quanta forza si è in grado di mobilitare, anche se è difficile appurare in maniera definitiva se un’elevata sindacalizzazione porti a più scioperi o se gli scioperi facciano aumentare gli iscritti.»

 

Per saperne di più: Pixel Relazioni industriali

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