Domande di oggi

30/08/2016

Vizi, virtù e motivazioni: il capitalismo è da rivedere?


[…] Marchionne […] alla platea della Luiss: «Esiste un limite oltre il quale il profitto diventa cupidigia e coloro che operano in un libero mercato hanno anche l'obbligo di agire entro i limiti di ciò che una buona coscienza suggerisce. Tutti noi dobbiamo capire che non potranno mai esserci mercati e crescita razionali e benessere economico se una vasta parte della nostra società non avrà niente da contrattare con l'altra se non la sua stessa vita».

 

Marco Patucchi, «“C'è un limite al profitto, capitalismo da rivedere”», la Repubblica, 28 agosto 2016

 

 

La risposta in un Pixel

 

«In un libro fondamentale sulla nascita della società capitalistica moderna, L’etica protestante e lo spirito del capitalismo, Max Weber, massimo sociologo tedesco del XX secolo, si chiede come sia possibile che una passione mal tollerata, criticata dalla morale, dalla religione, come l’interesse economico possa essere diventata la motivazione dominante nelle società capitaliste. Fare e accumulare denaro diventa, a un certo punto della nostra storia, un’attività rispettabile dopo essere stata criticata per secoli come avidità, brama e cupidigia, vizi che condannavano gli uomini alle fiamme dell’inferno. Non solo l’interesse economico acquista a un certo punto della nostra storia rispettabilità, ma diventa il fondamento stesso della razionalità: un’azione è razionale se è motivata dall’interesse. Com’è stata possibile questa transizione?

Nel libro Le passioni e gli interessi, l’economista e storico delle idee Albert Hirschman (1915-2012) sostiene che il perno di simile trasformazione è proprio la transizione moderna, vista sopra, dalla morale individuale alla «real-politica» collettiva in cui, prendendo l’uomo così com’è, possiamo imbrigliare le sue passioni per farne qualcosa di costruttivo. È questa l’essenza del capitalismo, che fa delle peggiori passioni umane – la cupidigia e l’avidità – motori di innovazione e di sviluppo sociale. L’idea è ben rappresentata dal poemetto satirico di Bernard Mandeville (1670-1733) La favola delle api, sottotitolato con il proverbiale Vizi privati e pubbliche virtù. Nell’opera si descrive un alveare che non è che la metafora della società industriale emergente, all’epoca in cui una serie di sfruttatori ipocriti si arricchiscono alle spalle dei lavoratori, i quali cadono poi nelle mani di altri imbroglioni parassiti come gli avvocati e i medici e di vari speculatori. Ma nel complesso, nonostante le sofferenze individuali e le ingiustizie, la società sembra prosperare:

Essendo così ogni ceto pieno di vizi, tuttavia la nazione di per sé godeva di una felice prosperità, era adulata in pace, temuta in guerra. Stimata presso gli stranieri, essa aveva in mano l’equilibrio di tutti gli altri alveari. Tutti i suoi membri a gara prodigavano le loro vite e i loro beni per la sua conservazione. Tale era lo stato fiorente di questo popolo. I vizi dei privati contribuivano alla felicità pubblica... Le furberie dello stato conservavano la totalità, per quanto ogni cittadino se ne lamentasse. L’armonia in un concerto risulta da una combinazione di suoni che sono direttamente opposti. Così i membri di quella società, seguendo delle strade assolutamente contrarie, si aiutavano quasi loro malgrado.

L’idea di una prosperità collettiva proveniente dai vizi individuali è alla base della teoria economico-liberale moderna, esemplificata dalla metafora della mano invisibile che Adam Smith (1723-1790), il padre dell’economia moderna, impiega in varie delle sue opere, da La ricchezza delle nazioni a La teoria dei sentimenti morali. La «mano invisibile» è una sorta di «provvidenza» per cui l’agire interessato ed egoista di ogni individuo crea infine prosperità collettiva.

La transizione da una morale cavalleresca dell’onore e della gloria a una morale moderna dell’interesse, la trasformazione dei vizi in interessi e vantaggi sono ancora alla base della riflessione sulle motivazioni morali contemporanee. L’onore, la celebrità, la gloria, tutte le motivazioni simboliche che sembrano scacciate e sbeffeggiate dalla modernità (basti ricordare il Don Chisciotte con le sue battaglie contro i mulini a vento) sono davvero scomparse o sono pronte a riemergere e motivare nuovamente le azioni individuali e collettive?»

 

Per saperne di più: Pixel Filosofia

FILOSOFIA cover