Domande di oggi

12/05/2016

Che cos’è il rischio di cambio?


[…] nelle strategie degli investitori globali si sta risvegliando l’interesse per una categoria di emissioni molto penalizzata nel corso degli ultimi 12-24 mesi ma che è in grado, per l’appunto, di offrire rendimenti che rasentano la doppia cifra.

Sono le obbligazioni in valuta dei paesi emergenti — Russia, Brasile, Sudafrica, Messico, Polonia, Turchia, tanto per ricordare gli emittenti più attivi — lanciate sia dai governi locali che dalle istituzioni sovrannazionali, e dotate, in quest’ultimo caso, di un altissimo livello di rating ( tripla A). A questi due gruppi di obbligazioni va ad aggiungersi il segmento dei bond emessi sempre dai governi dei paesi emergenti, ma denominati in valuta forte, prevalentemente in dollari Usa, in cui il rischio di cambio per un investitore in euro è quello della parità dollaro/euro.

 

 

Marco Sabella, «Bond emergenti: rendimenti fino al 10% ma attenzione al rischio cambio», Corriere della Sera, 12 maggio 2016

 

La risposta in un Pixel

 

Si tratta di un rischio associato a variazioni inattese dei tassi di cambio. Si potrebbe pensare che sia un rischio con implicazioni solo su aziende che hanno attività e passività, costi e ricavi, espressi in valute diverse. In realtà, l’andamento delle valute ha impatti anche economici sulla competitività delle imprese in un contesto internazionale.

Vi sono differenti accezioni per l’interpretazione del rischio di cambio. Tra queste, importanti, si citano la componente di rischio transattivo e la componente di rischio economico. Con riferimento al rischio di tipo transattivo, si considera il periodo intercorrente tra quando un’impresa formula un’offerta commerciale in valuta diversa, assume conseguentemente un’esposizione in tale valuta, e quando questa esposizione viene liquidata. Un’impresa italiana che sostiene costi in euro e vende sui mercati statunitensi può essere esposta al rischio transattivo nel momento in cui propone un’offerta in dollari, dopo qualche giorno/tempo tale offerta viene accettata e quindi viene registrato un ricavo e infine beneficia del relativo incasso. Se in tale periodo il tasso di cambio si modifica, questo comporta un rischio per l’impresa: se il dollaro si svaluta verso l’euro, nel frattempo, l’impresa subisce una perdita, altrimenti un guadagno.

Nel momento in cui si chiede alle imprese di accelerare sui processi di internazionalizzazione, anche per far fronte alle difficoltà sui mercati domestici, bisogna chiedere che si attrezzino anche sul fronte della gestione dei rischi associati a tale strategia. La componente valutaria è tra questi. Le grandi imprese hanno gestioni interne e centralizzate e possono avere una gestione attiva di tale rischio; le piccole imprese, invece, adottano soluzioni esterne, attraverso operatori finanziari che possono offrire strumenti di copertura.

Il rischio di cambio ha anche una valenza economica che si esplicita nell’effetto che il tasso di cambio può avere sulla competitività dell’impresa sui mercati internazionali. Un rafforzamento dell’euro rispetto a un’altra valuta ha un effetto positivo perché rende più vantaggioso l’approvvigionamento sui mercati in cui ha corso quella valuta, ma negativo se l’impresa cerca di vendere i propri prodotti in quei mercati. A parità di tutti gli altri parametri (qualità, innovazione ecc.), vendere in aree dove le valute sono più forti contribuisce a incrementare, seppure su basi nominali, la competitività.

 

Per saperne di più: Pixel Risk management

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