L’uscita della Gran Bretagna dall’Ue, la cosiddetta Brexit, scatenerebbe un «prolungato periodo di forte incertezza», con conseguenze negative sulla crescita economica del Paese. È quanto emerge dal rapporto del Fondo monetario internazionale presentato a Londra dal direttore dell’Fmi Christine Lagarde.
«Brexit, allarme del Fondo monetario. «Effetti negativi sulla crescita»», Corriere della Sera, 13 maggio 2016
La risposta in un Pixel
«Il FMI, istituito, come la Banca Mondiale, con gli accordi di Bretton Woods del 1944, è un’organizzazione delle Nazioni Unite che oggi comprende 188 paesi; quelli che sottoscrissero l’accordo istitutivo erano ventinove. La rappresentanza dei paesi nel FMI è basata sulla loro importanza relativa nell’economia mondiale.
Secondo quanto è scritto nel primo articolo dell’Accordo che lo ha istituito, il FMI ha lo scopo di promuovere la cooperazione monetaria internazionale, di assicurare la stabilità dei tassi di cambio, di favorire la crescita equilibrata del commercio internazionale, di aiutare i paesi che presentano squilibri nei rapporti con l’estero e di prendere iniziative in grado di alleviare la povertà.
Il disegno attuale del FMI, soprattutto in relazione agli aiuti prestati ai paesi che affrontano squilibri nei rapporti con l’estero, risente del successo, a Bretton Woods, della tesi del rappresentante americano Harry D. White contro quella sostenuta da John M. Keynes, delegato della Gran Bretagna. Nella visione di Keynes il FMI doveva essere concepito soprattutto come una stanza di compensazione tra paesi in deficit e paesi in surplus nei conti con l’estero e queste compensazioni avrebbero dovuto essere effettuate con una nuova moneta parallela alle monete nazionali, il Bancor.
Viceversa, nella concezione di White, che riaffermava anche la centralità del dollaro, il FMI doveva assomigliare di più a una banca che effettuava prestiti ai singoli paesi e fissava anche le condizioni per la loro concessione.
Coerentemente con questa concezione il FMI, quando concede i propri aiuti, fissa condizioni molto stringenti a proposito delle politiche che i paesi beneficiari dei prestiti devono attuare. Si tratta della stretta condizionalità che ha suscitato molte polemiche sia perché, indipendentemente dalle specifiche condizioni poste, essa rischia di limitare la sovranità nazionale; sia perché le politiche specificamente imposte dal FMI in molti casi si sono rivelate poco efficaci e hanno generato costi sociali che a molti sono apparsi eccessivi. Questa polemica si è fatta particolarmente viva negli ultimi anni, in seguito all’adozione della stretta condizionalità anche nell’ambito dell’Unione Europea da parte della troika (Banca Centrale Europea, Commissione Europea e FMI) in relazione agli aiuti da offrire agli stati membri in difficoltà.»
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