Domande di oggi

30/05/2016

A che cosa servono i Big Data?


Tra quindici anni la rivoluzione fintech nelle banche avrà avuto un effetto “disruptive” (distruttivo). Rimarranno poche filiali fisiche. L’home banking ci dirà come investire i risparmi monitorando i nostri bonifici sfruttando le potenzialità dei Big Data.

 

Fabio Savelli, «Un passo nel futuro con l’«industria 4.0», Corriere della Sera, 30 maggio 2016

 

 

La risposta in un Pixel

 

«L'espressione «big data» è entrata a far parte della retorica e delle pratiche digitali verso la fine del primo decennio del secolo. Nonostante l’enfasi e l’hype che ha circondato questo fenomeno negli ultimi anni è difficile trovare una definizione consolidata. Tutti però concordano che sono dati raccolti per supportare le decisioni di business, con grandi volumi, velocità e varietà, e che richiedono processi di elaborazione attraverso forme innovative di raccolta e analisi dell’informazione. […] La centralità dei dati è parte integrante dell’organizzazione e del business digitale da sempre, perché il codice binario facilita la formalizzazione e quantificazione dei processi analitici e decisionali. Da sempre l’organizzazione digitale ha dovuto fare i conti anche con la complessità di gestione del cosiddetto sovraccarico informativo. I big data segnano un salto di livello radicale in questa complessità, perché ci si riferisce alla possibilità di raccogliere e utilizzare, anche in tempo reale, i dati relativi a tutte le interazioni ed eventi rilevanti nel mercato, anche con formati precedentemente non processabili (informazioni non strutturate come conversazioni, immagini, suoni, check-in in geo-localizzazione…). […] È dunque ora importante elaborare modelli di management che includano nei processi queste opportunità conoscitive nel modo più corretto. […]

Ciò che spinge la necessità/volontà di raccogliere e trattare big data è la crescente complessità della vita sociale ed economica nella quale dobbiamo prendere decisioni. […] I big data […] da una parte migliorano la qualità della comunicazione nel sistema (idealmente, dovunque io sia nell’organizzazione, sono aggiornato su ciò che è rilevante e in grado di partecipare al processo sociale di decisione); dall’altra rendono disponibili in tempo reale le informazioni contestualizzate sul profilo degli attori coinvolti, sul loro comportamento contingente e sull’ambiente tecnico-fisico, ma anche sociale in cui sono dinamicamente immersi. È come dire che i big data ci permettono di costruire conoscenza sulle interazioni ed eventi dinamici rilevanti, con la granularità di osservazione richiesta dalla consapevolezza che questi non sono spazi indistinti ma composti di tecnicità e socialità locali, che vanno incluse nell’osservazione.»

 

Per saperne di più: Pixel Marketing digitale

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